Scienza e curiosità del Lago di Garda #8

di Claire Beaux

“[…] amanti alcuni dei freddi abissi del fondo, altri delle tiepide acque della superficie; questi socievoli, viventi in schiere compatte; quelli vaghi di solitudine e di compagni abborrenti. Guizzano, saltano, strisciano agili, eleganti, e nei porti tranquilli, sulle fini sabbie, sulle nitide ghiaie, tra l’alghe e i canneti intessono amori e connubi, combattono feroci lotte e cruente; […] vi sono gli ingenui e gli astuti, i timidi e gli arditi; […] anche tra loro, con incessante vicenda, salde amicizie, odi feroci e gelosi furori.” Giuseppe Solitro, Benaco, Atesa editrice, ed. 1897.

La fauna ittica lacustre è la componente del necton (dal greco nekton, ciò che nuota) più importante e per noi subacquei, forse, più facile da incontrare e vedere. Le varie specie che popolano un lago dipendono dalla morfologia del bacino e dalle sue caratteristiche chimico-fisiche. La temperatura dell’acqua è un fattore determinante perché i pesci non hanno meccanismi fisiologici in grado di regolare la propria temperatura e non tutti tollerano forti escursioni termiche. Anche la concentrazione di ossigeno influenza la presenza o meno di determinate specie: l’evoluzione ha fatto sì che alcune si siano adattate a livelli molto bassi di tale gas e altre addirittura, come l’anguilla in grado di assimilare l’ossigeno atmosferico tramite una respirazione cutanea.

Ma lo sapevate che gli occhi dei pesci di profondità sono più grandi di quelli che vivono nelle acque più superficiali? Alla prossima immersione provate a farci caso: il ghiozzo o la bottatrice, che ama tanto nascondersi nei relitti, hanno occhi non solo più grandi ma anche rivolti verso l’alto. Così come i loro colori sono un adattamento naturale permettendo il mimetismo sia per sfuggire ai predatori che per nascondersi e cacciare. Nel corso del tempo si sono verificate anche evoluzioni anatomiche: predatori come il luccio hanno sviluppato bocche grandi e provviste di denti, mentre gli erbivori, come la carpa, hanno la bocca in posizione ventrale.

Exos lucius, luccio. (©Matteo De Lorenzi)

E se le acque torbide a noi sub proprio non piacciono perché ben sappiamo le difficoltà di navigazione in zero (o quasi) visibilità, sappiate che non sono gradite neanche ai pesci. Infatti le particelle sospese “grattano” la pelle e occludono le branchie.

Svariate sono le specie ittiche presenti nel nostro Lago: delle 20 specie autoctone censite nel 1995 se ne sono estinte 7 e 43 nuove specie purtroppo risultano alloctone (sono tutte quelle specie che l’uomo ha inserito in un ambiente diverso da quello in cui tali esemplari vivono per natura).

Salmo carpio, Carpione Narra la leggenda, o meglio il poeta veronese Girolamo Fracastoro nel 1500, che il vecchio Saturno, cacciato da Giove, cercasse un luogo per riposare e rifocillarsi: vide presso le acque benacensi dei barcaioli intenti a mangiare e bere vino. Saturno chiese: “C’è qualcuno che offra un bicchierino e spenga la sete?”. Al che i barcaioli si presero gioco dell’anziano rispondendo che il Lago ne aveva di acqua da bere. Saturno bevve e poi domandò quanto dovesse pagare per essere portato su un’isola lì vicino, ma i barcaioli, sospettando che il vecchio volesse nascondere dell’oro, cominciarono a insultarlo, più di tutti Carpio. Offeso, il dio si vendicò trasformandoli in pesci: “Vi darò tutto l’oro che volete, nel fondo del lago!”. E così le mani divennero pinne, i vestiti squame dure e i piedi coda biforcuta.

Il carpione è un salmonide endemico del Lago di Garda, ossia vive esclusivamente nel nostro Lago e questa sua caratteristica ha dato fama al Benaco già in epoca rinascimentale. Il carpione si nutre di plancton e piccoli invertebrati che vivono sui fondali; vive nella parte meridionale del bacino lacustre e per riprodursi migra verso la parte medio-alta dove trova fondali profondi e ghiaiosi e per questo è detto il re delle profondità. Non è di grandi dimensioni, lungo tra i 35 – 38 centimetri, pesa al massimo 2 kg.

Le sue carni sono da sempre molto apprezzate, come dice lo stesso Solitro “si mangia carpione a lesso o fritto o arrostito sulla gratella, in tutti i modi eccellente.”. La sua pesca era molto faticosa perché, non solo le reti un tempo erano di cotone o canapa, quindi pesanti una volta bagnate, ma anche perché dovevano raggiungere profondità notevoli. Con la comparsa nel 1850 della Tirlindana, una lenza da pesca trainata, tecnica originaria dal Lago Maggiore, la sua pesca divenne molto più proficua.

Negli anni ’60 del 1900 si ha un calo della presenza del carpione, dovuto sia alla pesca intensiva che a cicli naturali: si è tentato di esportare il carpione anche in altri laghi, ma senza successo. Ciò significa che questo pesce vive solo da noi e porta al nostro Lago un grande valore aggiunto. Ultimamente sono stati proposti all’attenzione dell’Unione Europea dei progetti di salvaguardia, ma con esito negativo.

Oggi il carpione è inserito nella IUCN – Red List (International Union for Conservation of Nature) in quanto specie a forte rischio di estinzione.

Salmo trutta, Trota lacustre

Se il carpione è il re dei pesci benacensi, la trota ne è la regina. Dal corpo più affusolato di quello del carpione, muso largo e occhio grande; colore grigio perla e riflessi azzurro-verdi.

Endemica, carnivora, si riproduce nell’ultimo tratto del Sarca da ottobre fino a gennaio, ma anche a Peschiera. E qui avveniva, agli inizi del ‘900 un fatto particolare, detto Ponte Rosa: calate le reti dal Ponte San Giovanni sul Canale di Mezzo, si catturavano centinaia di trote che, una volta sul pianale (allora) di legno rilasciavano le loro uova rosa. Con la costruzione della diga di Salionze, il Lago di Garda è diventato un bacino a regolazione artificiale che ha modificato i suoi cicli e ha portato anche, purtroppo, alla fine della riproduzione delle trote a Peschiera e lungo il Mincio. Anche per la trota si sono fatti dei tentativi di re-introduzione, ma difficile fino ad ora l’accordo fra le tre province che si dividono il territorio benacense.

Anguilla anguilla, Anguilla

Facilmente riconoscibile per il suo corpo allungato e schiacciato sulla coda, è un pesce predatore di crostacei, vermi, molluschi… È un animale notturno e migratore: purtroppo, con la costruzione della diga di Salionze, la risalita naturale dal mare delle anguille si è notevolmente ridotta così che occorre l’intervento dell’uomo per ripopolare le acque benacensi. Non solo, da analisi recenti si è scoperto che nel corpo delle anguille è presente diossina: ciò ha comportato un fermo pesca e il problema di capire da quali zone siano state prelevate o allevate per poi essere portate da noi. Le femmine sono dette capitoni e, udite udite, possono vivere fino a 40 anni, mentre i maschi raramente superano i 15 anni.

Lota lota, Bottatrice

Fra gli esemplari di medie-grandi dimensioni che più spesso noi subacquei incontriamo c’è la bottatrice.

Simile al merluzzo di mare, può raggiungere i 60 centimetri in lunghezza e i 4 chilogrammi di peso; attiva durante le ore notturne, si nutre di larve, lombrichi e piccoli pesci ed è amante delle profondità, ma la si può ammirare comunque mentre è adagiata sul fondo dei relitti, come al Berardi di Salò o nella barca a vela appena fuori la punta Vo’ di Desenzano.

Exos lucius, Luccio

“Spavento dei pesci del Benaco, vero lupo del lago, vorace, sanguinario è il luccio; di forme leggiadre, mentisce la ferocia ch’è nella sua natura.” (Giuseppe Solitro, Benaco, Atesa editrice ed. 1897) I sub che frequentano la zona delle Tavine a Salò spesso incontrano il luccio (talvolta anche più di un esemplare alla volta) proprio sotto le piattaforme dove si fanno esercizi.

Leggiadro, nuota nelle verdi acque, quasi si confonde vista la sua livrea di colore molto simile, ma lo riconosciamo per il suo muso allungato. Ama le acque calme, con corrente debole così come quelle stagnanti perché qui può nascondersi tra i canneti e predare. Può raggiungere dimensioni notevoli, superiori al metro di lunghezza ed è molto apprezzato sulle tavole.

Specie in estinzione e altre amenità

Tra le specie in estinzione la tinca è in calo quanto a numero di esemplari così come la sarda, mentre l’Alburnus alburnus, alborella, ormai non vive più nel nostro Lago. L’alborella è (era) un pesce di modeste dimensioni, lungo al massimo 15 centimetri, predilige la vita comunitaria e le acque limpide. Le sue carni saporite ne hanno fatto uno dei pesci più apprezzati e piatto quasi quotidiano dei Gardesani.

Negli anni ’60 e ‘70 del 1900 le quantità di pescato delle aole, nome con cui molti di noi le conoscono, era sempre molto abbondante, tanto che venivano anche usate come mangime negli allevamenti di trote. Purtroppo non si è provveduto a regolare la loro pesca, in più alcuni cambiamenti dell’habitat e il peggioramento della qualità delle acque hanno portato alla loro definitiva scomparsa.

Tra le altre specie lacustri troviamo anche il barbo comune, la carpa, il cavedano, il coregone lavarello, il persico reale (da ricordare come nel 1982 la FIPSAS fece un’opera di ripopolamento del Lago immettendo nelle sue acque le uova di questo esemplare prelevate dal lago di Valvestino), il persico trota e la tinca. Ma nel Lago sono presenti anche specie “aliene”. Per esempio il coregone giunto dal lago di Costanza dopo la prima guerra mondiale o il persico sole, detto anche pesce sole. Pescato la prima volta nel 1918, era noto che fosse stato immesso in piccoli laghi privati del varesotto, ma i primi esemplari giunsero dall’America: non è un pesce molto studiato e pare non interferisca con la fauna autoctona, quindi può definirsi specie alloctona non invasiva.

Ma cosa dire del “mostro” del Benaco? Il pesce siluro?

Il Silurus glanis, pesce siluro appunto, è originario delle zone dell’Europa che vanno dal fiume Reno fino al Kazakistan: ha “invaso” quasi tutti i corsi d’acqua europei essendo una specie in grado di sopravvivere in acque con bassa concentrazione di ossigeno, torbide e talvolta anche in quelle inquinate. Ha dimensioni notevoli (può arrivare ai due metri di lunghezza), è molto longevo e manco a dirlo super-predatore di qualsiasi specie ittica ma anche di animali quali ratti e nutrie, svassi, rane…

Nel Lago di Garda è arrivato alla fine degli anni ’80: a oggi non è mai stato fatto un censimento dal momento che le tre regioni (Lombardia, Veneto e Trentino Alto-Adige) non si sono mai accordate al riguardo.

Purtroppo nel Lago di Garda vivono anche molluschi alloctoni: a partire dagli anni ’70 del secolo scorso arriva la Dreissena polymorpha, originaria del mar Caspio, e arriva attaccata alle chiglie delle imbarcazioni, già contaminate, dei villeggianti tedeschi in vacanza sulle nostre rive.

Nel 2022 è arrivata anche sua cugina Dreissena bugensis, naturalmente la cugina “peggiore”.

Sono molluschi, originari del fiume Dnieper, in Russia, che sfocia nel mar Nero: lunghi circa 17 millimetri, si stanno diffondendo molto rapidamente, avvistati la prima volta nelle acque di Castelletto di Brenzone (marzo 2022).

Come si legge sul blog (che vi consiglio vivamente di visitare!) di Filippo Gavazzoni (veronese di nascita assessore a Peschiera con delega per la Tutela del Lago di Garda; https://www.filippogavazzoni.it) è notizia del marzo 2023 che, durante dei campionamenti nel porto dei Cappuccini, sia stata rinvenuta su un gambero proprio la Dreissena bugensis.

“Le specie aliene sono la testimonianza di un ambiente che cambia e che ha bisogno sempre più di tutele e attenzione e soprattutto di consapevolezza. Un fattore da non dimenticare è che una specie aliena, una volta insediata, risulta praticamente impossibile da sradicare.” Filippo Gavazzoni, Alla scoperta del pesce di lago, Peschiera 22 marzo 2024.

Fonti

https://www.filippogavazzoni.it

V. Tonolli, Introduzione allo studio della limnologia (1964)

R. Bertoni, Laghi e scienza (2018)

G. Solitro, Benaco (1897) Atesa editrice

AA.VV., Il Garda – Il litorale bresciano (1995) Corbo e Fiore Editori

T. Ferro, Il lago si racconta (2005) editoriale Sometti

Consulenza biologica

Diego Aldegani

Lascia un commento

Carrello
Torna in alto