Scienza e curiosità del Lago di Garda #9

di Claire Beaux

“Il bacino del Garda è di una straordinaria bellezza. Avendo origine a nord fra le Alpi […] con le sue rive ove si alternano i pini, gli aranci e le canne, le sue numerose valli laterali, le sue pareti rocciose che sprofondano quasi a picco nell’acqua e le sue innumerevoli calette […].” Jacques Piccard, Lettera aperta, Cully (Svizzera) Gennaio 1985.

Il solo nome “Piccard” dovrebbe far venire in mente esplorazioni e avventure nell’atmosfera e nelle profondità marine. Tutti ricordiamo l’impresa del batiscafo Trieste che il 23 gennaio 1960 raggiunse la profondità di – 10 910 metri toccando il fondo dell’abisso Challenger, nella fossa delle Marianne. A bordo solo due uomini: il tenente di vascello della Marina Americana Don Walsh e Jacques Piccard.

Ma Jacques Piccard ha esplorato anche il nostro Lago, ben meno profondo, e lo ha fatto nel settembre del 1981. Jacques fa parte della famiglia Piccard, una famiglia, come si legge sul sito dell’ultimo discendente, “in cui si inventa e si esplora dal cielo agli abissi, unendo ricerca scientifica, avventura e rispetto della natura.” Auguste Piccard (1884-1962), padre di Jacques, è stato un esploratore della stratosfera, il primo uomo a vedere la curvatura della Terra e colui che ha aperto la via all’aviazione moderna.

Jacques (1922-2008), protagonista della nostra puntata (lo chiameremo per nome così da non confonderlo col padre o col figlio), è stato il primo uomo a raggiungere il punto più profondo dell’oceano, precursore dell’ecologia e ha dedicato l’intera vita alla protezione e dei mari e dei laghi. Bertrand (1958), figlio di Jacques, medico psichiatra, vincitore della prima “corsa” transatlantica in mongolfiera, è un attivo promotore di iniziative volte alla salvaguardia del Pianeta.

Una famiglia in cui si sta poco fermi e si dà vita alle idee: Jacques, infatti, ideò il mesoscafo Forel (il termine mesoscafo, ossia sottomarino per le medie profondità, è stato inventato da Jacques stesso) e lo pensò come un sottomarino da tasca, molto maneggevole dedicato a studi scientifici per l’osservazione della qualità delle acque, dei sedimenti, della biologia dei laghi. Tecnicamente il Forel, realizzato nel 1979, pesa 11 tonnellate, ha una lunghezza di quasi otto metri, altezza di 2,25 metri e larghezza di 2,20 metri. Può lavorare alla massima profondità di -500 m con un’autonomia di 8 ore e un’autonomia di sicurezza di ben cinque giorni. Ha un oblò frontale di un metro e mezzo di diametro e un braccio prensile.

Jacques Piccard sul forel. (fonte: https://massimonidini.wordpress.com/2016/01/21/jacques-piccard-e-massimo-nidini/ )

Ma cosa ha fatto mai Forel nelle acque lacustri benacensi?

Nella sua lettera aperta, Jacques loda le bellezze naturali e artistiche del Garda, così come la presenza dei turisti che hanno contribuito allo sviluppo delle attività economiche, ma fa presente che le conseguenze sono quelle di un inevitabile inquinamento. Occorre quindi salvaguardare il Lago: come, però? “La prima cosa da fare è studiarlo, osservarlo, sondarlo.”

Ecco quindi che per tre settimane, nel settembre del 1981, sono state effettuate 43 ore di immersione soprattutto nella zona Est e Sud del bacino da una squadra di scienziati e ricercatori tra cui idrobiologi (studiano gli organismi delle acque interne), palinologi (studiano i pollini), geologi, chimici, radioecologi, archeologi, zoologi, ittiologi, botanici, micropaleontologi.

Sono stati raccolti svariati campioni ed effettuati carotaggi di sedimento a differenti profondità e realizzate riprese fotografiche e filmati. Le immersioni hanno dato conferma del profilo già noto del fondo e gli studi geomorfologici e geologici del fatto che il grande bacino glaciale riversatosi nel Benaco proveniva dalla valle dell’Adige. L’osservazione diretta del fondo ha rilevato un manto di “fango soffice”. Noi sub sappiamo bene di cosa si tratta (e gli allievi ancora meglio, visto quante gliene diciamo a proposito!!): è quello strato che porta a zero la visibilità se si pinneggia troppo attaccati al fondo e che, a detta degli studiosi, dovrebbe essere il prodotto della deposizione dei materiali dopo l’ultima glaciazione.

Tra le varie analisi, quella dei pollini rinvenuti nelle carote di campionatura, sono le più affascinanti in quanto, essendo questi degli ottimi indicatori climatici: riconoscendo il polline con la pianta di origine, si può stabilire il tipo di vegetazione e di conseguenza il clima. Le ricerche effettuate nel nostro Lago però non hanno dato esiti eclatanti in quanto i pollini erano molto compressi e difficilmente separabili, inoltre l’attività umana ha introdotto “piante esotiche” che hanno “inquinato” i sedimenti.

Sono stati effettuate anche delle indagini sulla radioattività naturale: ricordiamo che quando si parla di radioattività non si deve pensare solo alle centrali nucleari. La radioattività è un fenomeno naturale, esistente già prima degli impianti tanto contestati. Gli elementi naturali radioattivi più attivi nel Lago sono stati identificati in 40K (isotopo del potassio, ossia un atomo che ha lo stesso numero di protoni del potassio, ma differente numero di neutroni), 238U (isotopo dell’uranio), 232Th (isotopo del torio) e 137Cs (isotopo del cesio). In particolare, i dati relativi al 137Cs sono utili per le datazioni geologiche.

I biologi hanno potuto fare anche delle interessanti rilevazioni fotografiche sulle tane delle anguille. Se avete letto la puntata #8, ricorderete che l’anguilla è una fra le specie ormai in via di estinzione: la conclusione degli studi in proposito, effettuati in quel lontano settembre (1981, vi ricordo) è che “vale la pena di studiare di più e meglio questa specie che tanta importanza sembra avere nella vita del Lago, che riesce a modellare tratti così vasti di fondali, che costituisce nel contempo una realtà economica e un mistero appassionante.” (P. Ghetti, E. Oppi, G. Gandolfi, Aspetti della vita delle anguille nel lago di Garda – Missione Piccard, Quaderni Civiltà Gardesana 3).

Sempre ricordando la fauna del Benaco, vi avevo parlato anche delle specie alloctone, in particolare avevo fatto cenno alla Dreissena polymorpha (la trovate sempre nella puntata #8). La Missione Piccard ha avuto occasione di rilevare che tutti i substrati duri emergenti dal sedimento molle, fino a una profondità di -50 metri, erano ricoperti dalla Dreissena: un’unica eccezione, alcune casse di munizioni.

Purtroppo ancora oggi questo mollusco ricopre qualsiasi luogo e oggetto sul fondo, come ben vediamo durante le nostre immersioni. Il problema, oltre all’invasività dell’organismo a scapito delle specie autoctone, riguarda anche le attività umane: prese, condotte, turbine dell’acqua sono bloccate. Avete presente il tubo degli scarichi a circa -10 metri, nelle zone del Casinò di Gardone e dintorni, tipiche delle immersioni didattiche? Ecco, osservatelo bene la prossima volta e vedrete come il “nostro caro tubo” (come piace chiamarlo a me e ai miei amici sub, perché è un riferimento sicuro) è interamente ricoperto di Dreissena.

“Il lago di Garda è uno dei più belli d’Europa. Questa era anche l’opinione del Professor August Piccard, che lo sorvolò da Nord a Sud più di 50 anni fa. […] Ma il Benaco resterà un gioiello d’Italia solo se lo sviluppo industriale e turistico non lo distruggerà […]. A tal fine, lo ripeto, la prima condizione è di essere informati costantemente sul suo stato di salute.” Jacques Piccard, Lettera aperta, Cully (Svizzera) Gennaio 1985

Fonti

https://bertrandpiccard.com

L’ambiente lago – Conoscenza, controllo e gestione della qualità dell’ambiente acquatico a cura di P. F. Ghetti, Comunità del Garda (1985)

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