Diario di Viaggio 31° gruppo Maldive

Un lacustre alle Maldive

Giovedì.

La testa già altrove. Inutile restare al lavoro, chiudiamo baracca e via a casa. Le valigie da finire, le ultime cose da controllare. La notte il sonno non arriva, quell’ansietta da “prima volta” …

Venerdì.

Appuntamento ore 8:30 via Passo del Gavia. Il passo del Gavia per noi è sinonimo di ciclismo, strana combinazione. Per la preoccupazione di fare tardi alle 8 siamo li. Vecchie e nuove facce, compagni di immersioni passate e future. Il nostro trasporto è in ritardo. Girano voci che una foratura abbiamo ritardato l’arrivo. Compare però senza ruote nuove…

Ci imbarchiamo, per restare in tema e via alla volta di Malpensa. Al check in niente problemi e passiamo i controlli indenni da perquisizioni manuali. Arriviamo al gate dopo una sosta ristoratrice e la bestia ci si para davanti. A380, mai avrei pensato in vita mia di volarci! Prendiamo posto e sfidando le leggi fisiche ci alziamo in volo alla volta di Dubai. Lauto pranzo ed in sole 6 ore di film vari arriviamo negli Emirati Arabi. Le luci che si intravedono dal finestrino hanno qualcosa che lascia senza fiato, il terminal è immenso, bisogna prendere un treno per arrivare al gate corretto. Nell’attesa della coincidenza, ci rifocilliamo con un piatto tipico del paese che ci ospita… La pizza! Qualche momento di riposo sulle comode panche del gate e via di nuovo. Le tre ore volano tra omelette e sonnellini e dal finestrino si intravedono i primi atolli.

 Sabato.

Scordiamoci i finger ed i terminal super moderni di Dubai, qui si trona ad autoscale e pullman. Controllo passaporti, IMUGA, ritiro valigie e già compaiono i primi pantaloncini ed infradito. Ci procuriamo SIM Maldiviana all’uscita dell’aeroporto (senza internet come si fa?) ed aspettiamo il transfer per l’hotel. Sbrigate le pratiche alla reception prendiamo possesso delle nostre camere dopo di che ci immergiamo nella vita della capitale Maldiviana, esperienza che, chi si limita a soggiornare in un resort, purtroppo si perde. Cena frugale in ristorantino tipico fronte mare, passeggiata nel quartiere delle ferramenta Maldiviane e via a letto, domani la sveglia suona alle 5:00.

Domenica.

La sveglia che ci riporta indietro dal mondo dei sogni, prima di quella impostata sul cellulare, ha la faccia di un Maldiviano che non smette di bussare finché non apriamo la porta della camera. Di nuovo un transfer per la marina ed ecco che per la prima volta mettiamo piede sul Dhoni che ci accompagnerà tutta la settimana. Non abbiamo tempo di renderci conto di quello che succede che dalle valigie compaiono GAV, erogatori ed attrezzatura varia che prende possesso delle bombole che ordinate attendono sulle rastrelliere. Pochi minuti di navigazione ed il Dhoni si accosta alla barca che per una settimana sarà la nostra casa sull’oceano indiano. Prendiamo possesso delle nostre cabine e via per il briefing della barca e della prima immersione.

La prima immersione. Scordiamoci ciò a cui siamo abituati a casa, qui è tutto diverso, qui le regole sono meno stringenti, qui la muta è una sottile striscia di neoprene che ti separa, ma non troppo, dalle tiepide acque dell’oceano. L’attrezzatura è diversa, niente stage da gestire, niente pesanti sottomuta, nel mio caso, niente pannoloni. Qui è un ritorno alle origini, è un tornare ad andare in acqua come tanti di noi hanno imparato. Si va a cercare gli squali, si cercano poco fuori dal porto, dove una fabbrica di tonno (ed io che pensavo che il tonno si pescasse!) scarica gli scarti di lavorazione direttamente nelle acque antistanti. Ciò che resta dei poveri tonni si sparge sulla sabbia, resti di code, di pinne, scheletri interi, più che santuario della vita che siamo venuti a sperare di ammirare a me ricorda un cimitero… Rientriamo sul Dhoni e di nuovo in barca, colazione ed un nuovo tuffo. Io preferisco passare, mi riservo di fare la terza immersione.

Briefing e Dhoni. Madivari Kandu. Me lo ricorderò per sempre. Dal blu che sprofonda sul ciglio della pass, eccoli comparire. Per la prima volta in vita mia, vedo quella sagoma perfettamente idrodinamica, loro si che sono in assetto, creature magnifiche a cui il film di Spielberg ha rovinato la reputazione. Ci danzano davanti in un gruppetto di tre o quattro, resto incantato, per un attimo non penso più all’assetto, al manometro, al compagno, ma mi riempio gli occhi di quella meraviglia.

Purtroppo bisogna risalire, tornare alla realtà, tornare nel nostro ambiente o forse, lasciare il nostro ambiente…La cena in barca viene servita a poppavia, noi occupiamo il tavolo di babordo ed i veterani delle Maldive ci assicurano che quelli che abbiamo visto oggi sono piccoli, ma come noi maschietti ben sappiamo, le dimensioni non contano! Salutiamo tutti anche chi dorme sul ponte fly, da cui si possono ammirare una quantità di stelle incredibile!

Lunedì.

La sveglia è alle 5:45, ma è già un po’ che sento i telefonini richiamare i loro proprietari all’ordine. Saliamo ai tavoli di poppa e troviamo già pronta una colazione leggera, l’alba ci saluta all’orizzonte, foriera di buone notizie.

Madivari Kandu anche oggi non tradisce, loro sono lì ancora ad aspettarci. Ci danzano davanti quasi infastiditi dalla nostra presenza, visitatori alieni di un mondo che dovrebbe appartenere a loro. Agganciamo i nostri reef hook al fondo, una piacevole aggiunta alla nostra attrezzatura (grazie a chi mi ha ricordato di procurarli) e restiamo lì a guardarli rapiti. Il tempo vola, le lancette dei manometri corrono verso lo zero, scordiamoci il minimun gas, tempo di uscire. I pedagni volano in superficie, il Dhoni accorre ubbidiente. Il tempo di spogliarsi della muta, doccia veloce a lavare via il sale e siamo già accostati alla murata della barca. Al nostro arrivo troviamo già pronta una seconda, meritata (?) colazione.

La barca si avvia, verso una nuova destinazione, Bathala Thila, una secca vicinissima ad un resort, ci immergiamo praticamente fuori dalle finestre degli overwater più esterni. Anche stavolta l’oceano non tradisce, una manta candida e loro sono di nuovo li, stavolta fanno compagnia al branco molto più numeroso alcuni tonnetti. Restiamo lì di nuovo incantati dalla danza ipnotica di quei predatori perfetti. DI nuovo i manometri sub prossimi allo zero, di nuovo pedagni Tek Evolution fluorescenti che volano in superficie.

Ovviamente ci aspetta cibo in quantità, d’altronde abbiamo consumato molte calorie (?).

Nel pomeriggio ci dirigiamo ad una secca, Maaya Thila, tra la vita che popola le pareti della secca, eccoli di nuovo! Ci agganciamo sul ciglio di un crinale e restiamo li ad osservarli, la mia buddy mi segnala qualcosa in lontananza. Complice il fatto che sto utilizzando la maschera secondaria che ha la fastidiosa tendenza ad appannarsi, non riesco a vedere nulla… Ma poi capisco, arriva lui, il boss del quartiere, uno squalo molto più grosso degli altri. Gli fanno largo, sparendo per un attimo alla vista. Ritornano, penso avranno capito che non cerca rogne. Qualcuno chiede alla guida se non c’è altra da vedere, ci spostiamo seguendo la parate che trabocca di vita marina. Torniamo sul cappello della secca, via ai pedagni e di nuovo a bordo del Dhoni. Al ritorno in barca a poppa vengono accesi dei fari che puntano in acqua, attirano il plancton, dicono. A comparire però sono degli squali nutrice, che si aggirano alla luce dei fari. CI facciamo un bagno con loro, improvvisiamo una sessione di nuoto sincronizzato, che riscuote grande successo e risaliamo in barca.

All’improvviso si sente: “Manta, manta!!”, è arrivata! Sono in arrivate, in realtà. Sono 2. Io ne vedo 2, girano voci siano 4… Voliamo letteralmente sul Dhoni, dopo aver recuperato le torce, ci vestiamo e via in acqua. Scendiamo sul fondo, a poppa della barca, e ci mettiamo in semi cerchio con le torce conficcate nella sabbia davanti a noi, i coni di luce proiettati verso la superficie. E loro arrivano, richiamate dal plancton che si concentra al di sopra delle torce. E noi restiamo li, incantati a guardare quei due giganti che sembrano giocare per noi. Ci sfiorano, ci passano sopra la testa, ci girano intorno, sfiorano le torce. L’emozione è indescrivibile, lo ammetto, mi commuovo, gli occhi lucidi. Pensare a quanto è meravigliosa la terra (il mare) che ci ospita e che poco rispetto l’animale uomo, le porta. Il tempo vola via troppo in fretta, tempo di risalire, cena, nanna. Domani ci si sveglia presto. C’è troppo da vedere, troppa strada da fare, quello che ci aspetta non può aspettare.

Martedì.

Stamattina prima ancora che albeggi mi svegliano i motori della barca. Ci avevano avvertito. Non lo ricordavo, memoria maledetta. Salgo sul ponte per vedere se tutto è a posto, pare tutto tranquillo. Il coraggio non è il mio più grande pregio. Saliamo ai tavoli di poppa per una colazione veloce dopodiché ci attende il briefing. Moorushi Kandu un precipizio sul blu. Scendiamo verso i 40 mt e li vediamo li, sono centinaia. Grigi. La corrente impetuosa e la mia buddy che arriva a 100 bar in troppo poco tempo, ci costringono a rientrare. Segnaliamo i 100 bar, risaliamo, a 13 mt spiego il pedagno. Risalita in libera, penso sia la prima volta in vita mia che la faccio per davvero. Dentro di me ringrazio chi me lo ha insegnato e su questo ha insistito: pallone, pallone, pallone! Grazie nemico mio. Appesi a 5 mt attendiamo di finire la sosta.  A 3 mt smaltisco la deco ed un pensiero mi assale, verranno a prenderci con la barca? Non la vedo sopra di noi… Segnalo alla mia buddy. Mi ride in faccia, per quanto si possa ridere sott’acqua. Lo so, chi ha coraggio dei due non sono io.  Il Dhoni accorre non appena alziamo le mani in segna di risposta, al medesimo gesto dell’uomo a prua. Ci sono altre tre Dhoni, ognuno avrà scaricato il proprio carico di subacquei, ecco perché non arrivavano. Sono proprio un neofita! A bordo della barca colazione, un nuovo briefing e ripartiamo verso un nuovo punto d’immersione.

Kudarah Thila una secca, dove la vita marina esplode nei colori sgargianti dei pesci banana, anche se non penso che questo sia il nome scientifico. Grottine e formazioni rocciose in aggetto completano il quadro. Il capogita gioca con dei pagliaccio sul cappello della secca. Stacchiamo il fondo, di nuovo i pedagni corrono in superficie ad attirare l’attenzione dei barcaioli. Passo l’erogatore alla mia buddy, al ritorno in barca abbiamo 15 bar sommando quando ci resta nelle bombole… Pranziamo e la barca accende i motori, navighiamo per qualche ora. Ne approfittiamo per schiacciare un pisolino. Arriviamo ad Alimathaa a pomeriggio inoltrato. Siamo sul Dhoni che il sole si può intuire già basso dietro le nuvole che riempiono l’orizzonte.

Alimathaa Kandu ci buttiamo a gav sgonfio, intravedo il fondo quando sono già qualche metro sotto la superficie. La corrente mi sembra parecchio forte, ci aggrappiamo con i ganci sul bordo di quello che pare un orrido che sprofonda in un blu intenso. La corrente ci investe come un fiume in piena, o così pare a me… Un fiume al quale ci abbandoniamo seguendo le guide. Illuminate dalle torce, ci sfilano sotto rocce popolate di vita marina, pesci palla, pagliaccio e mille altri di cui non conosco il nome (io d’altronde vengo dal lago)! Arriviamo fin sotto le costruzioni del villaggio e sopra di noi sono ammassati tantissimi squali nutrice!! Uno più curioso degli altri, si avvicina, ci sfiora, se allungassi la mano potrei toccarlo. Facciamo la sosta di sicurezza agganciati sotto di loro, quei tre minuti passano troppo in fretta! Tempo di andare, gli altri sono già in superficie. Il pedagno stavolta starà a riposo. Testa fuori, arriva il Dhoni. Ormai è buio, navighiamo verso la barca, il tramonto colora di viola le nubi all’orizzonte. Domani la sveglia suonerà alle 6:30.

Mercoledì.

La sveglia suona troppo presto per me, stamattina ho proprio sonno. Colazione e briefing sono ricordi nebulosi. Mi sveglio su Dhoni, la muta è fredda sulla pelle. Miyaru Kandu mi dicono. Drop off, scendiamo veloci, con i GAV sgonfi, in pochi minuti siamo agganciati sul bordo dell’abisso. Loro sono lì, a fargli compagnia tonni (?) e razze. Uno di loro ha agganciato addosso, tra la pinna dorsale ed il muso una cima o quello che resta di un qualche arnese da pesca. Mi piange il cuore a vederlo così. I minuti scorrono, i manometri si muovono troppo velocemente verso lo zero. I computer sommano troppo in fretta i minuti di deco. La mia buddy mi segnala che è a meno di 100 bar, tempo di andare. Segnalo e ci sganciamo. La corrente ci porta via, come un vento tiepido, una raffica continua. Sparo il pedagno, lo vedo salire scaricando aria dalla valvola. Arriva in superficie, sembra tanto vicina da poterla toccare, ma dobbiamo restare qui, confinati al di sotto, obbedienti ai nostri computer sub. Tendo il filo sullo spool, aggancio, guardo il computer. Al di sotto il fondo scorre via.

Mettiamo fuori la testa, il Dhoni è alle nostre spalle. Raccoglie altri due subacquei prima di noi, poi è il nostro turno. A bordo lasciamo la bombola sulla rastrelliera, la leghiamo, smontiamo il primo stadio. Al prossimo tuffo troveremo la bombola carica. Togliamo la muta, l’appendiamo. Nel frattempo ci siamo già accostati alla barca, dove ci attende la colazione.

Kashavru Kandu di nuovo una pass, di nuovo sul drop off. Proviamo a scendere, ci agganciamo sul bordo, la corrente ci sbatte sul fondo. Ci chiamano da sopra, gli altri, più esperti di noi, sono a mezz’acqua. Risaliamo, lì la corrente è meno forte. In basso si intravede un gruppetto di aquile di mare. Ci lasciamo andare, dopo un attimo siamo sul bordo del reef. Lo scaliamo usando i ganci a mo’ di picozza. Saliamo una decina di metri o poco più, non ci rendiamo conto, ci siamo separati dal gruppo. Ci avvertono, ci lasciamo trasportare dalla corrente, ricompattiamo il team. Sempre lasciandoci trasportare, facciamo la sosta, sgranati lungo il crinale di questa collinetta sottomarina. Di nuovo respirando aria atmosferica, risaliamo sul Dhoni che ci raccoglie “a rate”.

Nel pomeriggio la mia buddy mi sveglia dal mio sonnellino pomeridiano, tre immersioni al giorno si fanno sentire. Ora di andare, ti sei perso il briefing. Poco male, non è che ci capisco mai molto. Sono sul Dhoni che ancora sbadiglio. Preparo l’attrezzatura, gesti meccanici in queste condizioni.

L’entrata in acqua mi sveglia. Fotteyo Kandu. Salto dalla barca tenendo tirato lo scarico rapido del gav. Seguo la guida lungo la parete, entriamo in un piccolo anfratto, piccoli squali si aggirano sul fondo, a ridosso della roccia. Pesci multi colore di cui non conosco il nome si nascondono al nostro passaggio. Lungo le pareti la vita marina è incredibile. Un banco di grossi pesci argentei si muove in gruppo poco più in basso. Facciamo un nuovo passaggio in una piccola grotta, le pareti incrostate di “fiori” gialli. Sembra l’8 marzo! All’uscita la guida ci indica un pesciolino, sul fianco le squame disegnano una spirale. Saliamo sul cappello, sembra di nuotare in un acquario! Il nostro tempo qui purtroppo è finito, i pedagni volano, le prime teste spuntano fuori, rubo ancora un attimo per riempirmi gli occhi di questa meraviglia.

Rientriamo in barca, giusto il tempo di espletare i nostri bisogni fisiologici e sul Dhinghi (il tender) ci dirigiamo ad una lingua di sabbia affiorante dall’oceano. Non di solo azoto vive l’uomo. Anche su questo puntino nell’oceano immenso, la vita è presente! Un granchio si mette sulla difensiva, d’altronde noi siamo ospiti in casa sua. Dei paguri si affollano intorno ad una fetta d’arancia portata dalla risacca. Non posso non pensare a come deve essere stato in passato, quando la presenza dell’uomo era meno massiccia, quando la barche non avevano il motore, quando di certo i Bresciani non li avevano mai visti.

Giovedì.

Stamattina la sveglia suona alle 6:00. Allungo una mano verso il telefono, premo a caso sullo schermo, ci azzecco perché si spegne. Mi giro verso la mia buddy, non c’è bisogno di parlarsi, è già implicito che non ci alzeremo. Saliamo per la colazione, i pochi irriducibili che hanno avuto la forza di trascinarsi fuori dal letto tornano con i volti illuminati di felicità. Li hanno visti, hanno visto i martello. Peccato, bisognava stringere i denti ed andare, stamattina. Peccato, davvero! Sarà per la prossima volta, abbiamo una scusa per tornare.

Ci aggreghiamo alla seconda immersione. Miyaru Kandu, la corrente è diversa questa volta. Saltiamo in due gruppi distinti, saltiamo sui due lati della pass, ricongiungendoci poi al centro. Gli squali sono numerosi, ma tutti piccoletti. Si mischiano a banchi di innumerevoli pesci argentei e bronzei. Questa volta la mia buddy ha preso in prestito una bombola più capiente, da chi non è abbastanza in forma per immergersi, quindi non rischia più di restare senz’aria. Risaliamo lungo il costone, smaltiamo i pochi minuti di deco, la guida lancia il pedagno e siamo fuori.

Per la terza immersione ritorniamo ad Alimathaa, immersione con i nutrice che abbiamo già conosciuto qualche giorno fa. In barca un secchio di teste di pesce, farà da esca per attirarli. Poco prima di saltare il secchio viene rovesciato in mare. Saltiamo anche noi. Ci mettiamo in coda alla guida, voliamo sopra blocchi di roccia, incrostati di spugne ed anemoni di mare. All’improvviso intravediamo una sagoma maculata, ci avviciniamo, una murena leopardata! La guida si ferma ad accarezzarla, anche se lei (lui?) non sembra gradire molto… Proseguiamo ed arriviamo dove l’esca è arrivata sul fondo, i nutrice si combattono il cibo con la furia di un animale che non mangia da tempo! Si avventano su di una grossa testa contendendosela tra più esemplari, la divorano, il sangue verdastro (come mi viene gentilmente ricordato, il rosso è il primo colore che si perde, avrei bisogno di un ripasso del corso open!) si spande uscendo dalle branchie! In un attimo della grossa testa non resta più nulla. La guida utilizza una bottiglia piena di sangue di pesce per richiamarli verso altro cibo rimasto nascosto. Pur di raggiungerlo ribaltano le rocce. Finito lo spettacolo, ci spostiamo, navighiamo lasciandoci trasportare dalla corrente, fino al di sotto di una costruzione del resort, ma, a differenza del tuffo dell’altro giorno, i nutrice qui sono pochi. Ci agganciamo alle rocce in attesa che ritornino, ma oggi si vede che oggi hanno altri programmi. Ci sganciamo ed arriviamo al Dhoni, per una volta ormeggiato ad una boa. Risaliamo e riponiamo l’attrezzatura, non vedo l’ora di tornare in barca, questo tuffo mi ha messo un certo languorino!

A bordo il cibo non manca di certo, il nostro capo gita ci ha preparato un bell’aperitivo con salame e formaggio (tipici delle Maldive) e la scena che ci si presenta è molto simile a quella vista in acqua, si spazzola tutto il cibo come squali affamati. Il programma di domani mi lascia un po’ spiazzato, la sveglia è alle 5:30, avranno i nostri eroi la forza di alzarsi dal letto?

Venerdì.

Durante la notte il dolore all’orecchio mi sveglia. Vecchia conoscenza, otite esterna. Fortunatamente l’otorino mi ha dotato di tutti i farmaci necessari. Le immersioni per me finiscono qui. Poco male è l’ultimo giorno da tre immersioni. La mia buddy invece mi abbandona in barca e se ne va a fare immersione senza tante remore. Potrei chiedere a lei di descrivere le immersioni, ma questo racconto è mio.

Restando in barca, vivo il mio primo giorno di vacanza in questa vacanza. Sonnecchio sul ponte fly ed ogni tanto passano dei delfini poco lontani. Quando torna il Dhoni dall’immersione, ci facciamo accompagnare con il tender su di una lingua di sabbia poco lontana. Di nuovo il paradiso in terra, ci mettiamo in acqua fino al collo e chiacchieriamo del più e del meno. L’ora di tempo concessaci a terra finisce in fretta e siamo di nuovo a bordo per il pranzo. Il Dhoni se ne va per portare i subacquei ad un nuovo sito di immersione ed io riprendo il sonnellino da dove l’avevo interrotto, attività nella quale dimostro, modestamente, un grande talento.

Quando mi sveglio vado a farmi una doccia ed aspetto la mia buddy. Oggi riprendiamo vestiti e ciabatte (abbandonate al primo giorno) per scendere a terra sull’isola di Guraidhoo. Qui si può avere uno scorcio, un’idea, della vita quotidiana della popolazione Maldiviana. Le strade sono in terra battuta, le case hanno tutte fuori dalla porta d’ingresso una schiera di calzature, i condizionatori sono ovunque. Qualche costruzione nuova, qualche catapecchia. Ovunque vasi improvvisati contengono svariati tipi di piante, che fanno pensare ad una tradizione dalle radici agricole. Purtroppo la spazzatura la fa da padrona anche qui.

Dopo aver fatto shopping sfrenato nei negozietti di souvenir ritorniamo al Dhoni che, con un po’ di difficoltà nelle manovre, esce dal porticciolo e ci riporta a bordo. Stasera cena Maldiviana, i ragazzi dello staff sono tutti schierati dietro i tavoli della dinette addobbati per l’occasione, in questa settimana sono stati veramente superlativi! Domani ci sarà l’ultima immersione, sveglia alle 6:00. La mia buddy mi abbandonerà di nuovo?

Sabato.

Ovviamente quando suona la sveglia la mia buddy se ne va a fare immersione (giustamente l’ultima si fa) ed io ritorno a dormire. Vengo svegliato da lei che ritorna, finalmente riesco a dormire fino a tardi. Prima di pranzo ci facciamo l’ultima escursione su di una lingua di sabbia sulla quale si sta svolgendo un servizio fotografico di due sposini novelli. Immaginate la felicità di questi due poveri innamorati che si vedono arriva una torma di bresciani schiamazzanti su di un’isola che fino a pochi minuti prima era praticamente deserta. Ovviamente i commenti sulla sposa si sprecano e più volte facciamo le nostre congratulazioni agli sposi. La loro felicità alla nostra partenza sarà stata ben superiore al giorno delle nozze.

Al ritorno in barca non resistiamo a fare l’ultimo bagno nell’oceano prima di ripartire per la capitale. Nel pomeriggio visita al mercato del pesce, della frutta ed al classico negozio di souvenir. Al nostro rientro dopo l’ultimo aperitivo è giunto il momento di preparare le valigie. I ragazzi dello staff hanno lavato tutta l’attrezzatura ed appesa sul ponte fly ad asciugare, sono davvero fantastici! La mia buddy si fa prendere da un leggero attacco di isterismo, ma riusciamo a chiudere le valigie senza divorziare ne riportare ferite. Durante l’ultima cena in barca ci fanno persino trovare una torta con dedica! Domani alle 7:00 lasceremo questa da barca che per una settimana ci ha fatto da casa ed intraprenderemo il viaggio di ritorno. Qualcuno sarà deluso da come è andata la settimana (i problemi di salute sono stati fin troppo numerosi), qualcuno, ne sono certo, fin troppo soddisfatto. Tutti, ne sono ancora più certo, con un bel ricordo nel cuore.

Domenica.

Si torna a casa. Per quanto mi riguarda, d’altronde questo è il mio diario, oltre a tornare al lavoro, agli affetti familiari, alle amicizie ed al solito tran tran, significa tornare a fare immersioni ben lontano dalle comodità Maldiviane. Significa tornare ad andare in acqua, al freddo, al buio, carichi come muli di bombolame vario, erogatori, computers, ridondanze… Senza la barca che ti porta sul posto, con la macchina da caricare e scaricare, con l’attrezzatura da stendere ad asciugare e riporre per il tuffo successivo. Penso sia stato evidente a tutti questa settimana, se vi ho oltremodo tediato vi porgo le mie più sincere scuse, che è acqua dolce quella che mi scorre nelle vene. Senza dubbio quando, nel buio, intravedrò una pinna la mente correrà a chilometri di distanza, agli squali sulle pass, i persici ricorderanno i barracuda e le anguille le murene.

Siete stati per me un’ottima compagnia, sia in acqua che fuori. Sono felice di aver fatto questo viaggio con voi. Grazie di tutto!

Francesco.

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